I falsi ricordi
La nostra memoria è talmente fragile e suggestionabile che persino il modo in cui ci viene posta una domanda può alterare i nostri ricordi.
Durante la campagna elettorale del 2008 Hillary Clinton raccontò la sua visita in Bosnia del 1996: “Ricordo di essere atterrata sotto il fuoco dei cecchini. Era programmata una sorta di cerimonia di benvenuto… invece ci siamo messi a correre rimanendo con la testa bassa“. In realtà dalle fotografie della visita non è visibile alcun fuoco dei cecchini, bensì la consueta cerimonia avvenuta sulla pista di atterraggio. La Clinton ammise poi di essersi sbagliata, riferendo che su tale evento aveva ricordi diversi.
A tutti può capitare di ricordare qualcosa che nella realtà è avvenuta diversamente o addirittura mai avvenuta. Questo accade poiché i nostri ricordi non sono scolpiti a fuoco nella nostra mente. Essi risultano essere più simili a ricostruzioni, pertanto soggetti a distorsioni e molto malleabili.
La pioniera in tale ambito di studi è stata sicuramente la psicologa Elizabeth Loftus. Il suo lavoro era basato su colloqui con individui a cui veniva richiesto di ricordare incidenti vissuti durante l’infanzia. La squadra di ricercatori scelta per l’esperimento conosceva già gli episodi poiché, come sapevano anche i partecipanti, gli stessi erano stati precedentemente raccontati dai genitori di questi ultimi. Tra le numerose esperienze autentiche raccontate, la Loftus ne inserì una totalmente inventata, in cui accadeva che il soggetto si perdeva in un centro commerciale. Durante le numerose interviste circa un quarto dei partecipanti credeva che l’evento immaginario fosse realmente accaduto, al punto tale da abbellire l’episodio con dettagli provenienti dal bagaglio dei propri “ricordi”.
I ricordi sono oggetto di distorsioni a causa della suggestione e di informazioni errate.
Sempre più spesso emergono fatti di cronaca nera riguardanti omicidi, femminicidi o vere e proprie stragi. Chiunque interceda a difesa degli autori di tali crimini probabilmente si farà qualche nemico. Elizabeth Loftus per gran parte della sua vita ha fatto proprio questo. Motivo per il quale è stata al centro di numerose campagne di diffamazione, destinataria di lettere piene di odio e persino minacce di morte. Il motivo di tanta ostilità è da ricercarsi nella sua rivoluzionaria scoperta. La psicologa statunitense infatti è stata una delle prime sostenitrici della sindrome della falsa memoria. Ella ha fatto da consulente, o a partecipato in qualità di perito, ad una miriade di processi riguardanti stragi familiari, criminali di guerra o celebrità come Michael Jackson. Davanti alla corte ha preso le difese di personaggi accusati di crimini indicibili… salvando anche molti innocenti da una reclusione ingiusta.
La Loftus mosse i suoi primi passi da giovane studentessa coltivando il suo interesse per la memoria ed i suoi legami con la semantica. Poi si candidò per una borsa di studio presso il Dipartimento dei trasporti degli Stati Uniti per esaminare i racconti relativi agli incidenti stradali. Nello studiare questi casi scoprì che, modificando una sola parola nella domanda proposta all’individuo (per esempio “colpire” al posto di “andare a sbattere” o “un” al posto di “il”) si ottenevano resoconti estremamente diversi dello stesso evento, al punto da determinare la condanna o l’assoluzione di un imputato. Applicando questo principio ai processi per omicidio o per stupro, i risultati erano addirittura più rilevanti.
A conferma di tutti i suoi studi la Loftus visse la sindrome della falsa memoria proprio in riferimento ad un suo racconto di vita, la morte della madre. Tutto ciò non fece altro che confermare la veridicità della teoria da lei elaborata.
Bibliografia:
Psicologia in 30 secondi – a cura di Christian Jarrett