Paziente e psicologo: cosa accade durante il colloquio
La figura dello psicologo stimola dubbi, incertezze e fantasie, molte delle quali assumono senso quando ci si trova di fronte al professionista.
Durante un consulto psicologico c’è un elemento che è sempre attivo, vivo e fluttuante: gli addetti ai lavori lo chiamano transfert. Si tratta di un processo mentale attraverso cui il paziente “sposta” i suoi affetti, le sue emozioni e i suoi pensieri sulla persona dello psicologo/psicoterapeuta. Lo “spostamento” non è altro che un investimento. Il professionista infatti di volta in volta potrà identificarsi con le persone affettivamente rilevanti nella vita del paziente. Insieme all’immagine mentale il paziente rivivrà situazioni, climi emotivi, ansie, paure, preoccupazioni, angosce o al contrario affetti, amori, gratificazioni provate in circostanze di vita che hanno lasciato un segno dal punto di vista emozionale.
Il colloquio psicologico è uno spazio fuori dal tempo, dal mondo, dove il simbolismo trova grande importanza. Tutto ciò che accade durante l’incontro psicologico può esser visto come un pezzo di puzzle che gradualmente permetterà al professionista di avere un’idea di colui o di colei che gli sta di fronte. Anche il paziente si farà un’idea della personalità con cui interagisce in seduta. La differenza è che questa idea sarà probabilmente frutto di un abitudinario pregiudizio mentale.
Uno degli obiettivi della terapia è ad esempio rendere il paziente più libero dai propri condizionamenti e dai propri automatismi mentali.
Questo tipo di processo è un’opera in fieri che richiede pazienza ma che darà i suoi buoni frutti in terapia e, di conseguenza, nella vita di tutti i giorni di colui o di colei che decide di intraprendere un percorso psicologico.