2 Luglio 2018

La ricerca del proprio mito

Cos’è un Mito? Trattasi di una storia, una narrazione dalla forte connotazione simbolica che rappresenta la più antica modalità di trasmissione orale. La presenza del simbolismo, nella forma di immagini e fantasticherie, permetteva di conservare in maniera più vivida e duratura il ricordo dei fatti narrati.

Il Mito ha avuto ed ha grande importanza nella psicologia umana. Lo psicoanalista Carl Gustav Jung fu studioso ed estimatore di tale modello narrativo. Egli ne sottolinea la dimensione fantastica e creativa in riferimento ai concetti di complesso, di archetipo e di simbolo. Senza imbatterci in discorsi complicati ci occuperemo di chiarire il concetto di complesso (a tonalità affettiva) che rappresenta quello che definiremmo “disturbo” in un normale decorso psichico. I complessi  sono rappresentazioni a tonalità affettiva oggetto di rimozione  e facenti parte del cosiddetto “inconscio personale”. Il complesso è dunque un disturbo, un qualcosa che rende tumultuoso l’animo umano così come accade nei Miti ove dèi ed eroi si confrontano con accadimenti straordinari e mille peripezie attraverso cui metteranno alla prova sé stessi per raggiungere un dato obiettivo.

Fin dalle origini della sua esistenza l’uomo ha avvertito l’esigenza di produrre i Miti, quelli più antichi sono definiti “miti di creazione” . Essi rappresentavano un aspetto fondante la cultura e  le tradizioni delle tribù primitive. La loro narrazione era un momento essenziale del rituale iniziatico. Questi Miti trattavano problemi fondamentali dell’esistenza come il senso ultimo della vita, sia umana che cosmogonica. In passato l’esistenza degli dèi sostituiva la dimensione della proiezione (ossia quel processo per mezzo del quale un contenuto soggettivo viene estraniato dal soggetto ed incorporato nell’oggetto). Pertanto noi parliamo di “proiezione” al giorno d’oggi poiché, avendo abbandonato la dimensione intima e spirituale, non crediamo più all’esistenza degli dèi. Marie-Louise von Franz, psicoanalista svizzera ed allieva di Carl Gustav Jung , presume che negli stadi primitivi del nostro sviluppo non ci sia differenziazione tra psiche inconscia e mondo esterno. In seguito pare avvennero certi processi che turbarono tale uguaglianza costringendo a ritirare tali rappresentazioni e a constatare che erano realtà solo ed esclusivamente interiori, non esteriori.

I motivi dei Miti di creazione appaiono nei sogni quando nell’inconscio si prepara un progresso fondamentale della coscienza. Bisogna essere in grado di comprendere certi processi preparatori poiché questi preludono ad un’idea creativa (così come nei temi fiabeschi); se ciò non avviene si genera un ristagno spirituale che cristallizza la personalità.

[…] lo sviluppo psicologico di un essere umano sembra seguire il modello della crescita fisica dei bambini, che non è costante, ma irregolare. Anche il progresso della coscienza tende a fare balzi improvvisi: vi sono periodi in cui il campo della coscienza si allarga bruscamente in modo impressionante. Ogniqualvolta l’ampliamento o la ristrutturazione della coscienza sono repentini, le persone in questione parlano di “illuminazione” o “rivelazione”. Quando il processo è più regolare, non se ne rendono granché conto e hanno soltanto la sensazione gradevole di progredire, di muoversi nel flusso della vita, che ora appare loro interessante. In entrambi i casi vi sono sogni preparatori, in genere con motivi provenienti dai miti di creazione.

E’ indispensabile che il terapeuta conosca questi temi tutte le volte che si relaziona ad una personalità creativa. Questi soggetti spesso credono di essere nevrotici ma quando si esamina parte del loro materiale onirico emerge che non lo sono per una sorta di incapacità di adattamento ma perché sono ossessionati da un’idea creativa che dovrebbero poter esprimere. L’analista, ovviamente, non può creare per loro ma dovrà accompagnarli in questa tumultuosa ricerca risparmiando al paziente un penoso ed eventuale spreco di tempo. Anziché sprecare anni nell’inseguire piste sbagliate il soggetto potrà, con l’aiuto del terapeuta, avvicinarsi prima all’evento creativo che si è prodotto nella sua psiche.

La von Franz ci chiarisce ulteriormente il contributo che può apportare un trattamento analitico in tale situazioni: […] Il timore che prova la personalità creativa ad intraprendere un trattamento analitico o a interessarsi all’analisi è giustificato dal fatto che sono troppo pochi gli analisti che conoscono i processi creativi della psiche e troppi coloro che, credendo di aver a che fare con una semplice nevrosi, usano metodi terapeutici riduttivi anziché sostenere questo progresso e rinnovamento della coscienza.

 

Bibliografia:

Von Franz M. L. – Le fiabe interpretate –  Torino, Bollati Boringhieri 1980

Von Franz M. L. – L’individuazione nella fiaba – Torino, Bollati Boringhieri 1987

Von Franz M. L. – I miti di creazione – Torino, Bollati Boringhieri 1989

 

 

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