L’approccio fenomenologico in psicoterapia
Il termine fenomenologia deriva dalla parola greca “phainomenon” che significa “ciò che appare”. La Fenomenologia è quindi la “scienza delle apparenze” , del mostrarsi e del manifestarsi di tutte le cose di fronte all’uomo. Un’ulteriore precisazione del termine ci permette di considerare i due aspetti fondamentali che caratterizzano questo approccio; il primo legato all’oggetto in sé ed al suo modo di essere al mondo; il secondo fa riferimento al modo in cui la “cosa” si manifesta a noi, sarà quindi colta e compresa attraverso la nostra soggettività. Tutto ciò può essere applicato al contesto psicoterapeutico in cui un paziente manifesterà se stesso ed il suo modo di essere allo psicoterapeuta il quale accoglierà tali informazioni in maniera personale e soggettiva.
La premessa fondante l’approccio fenomenologico, differente da tutti gli altri approcci psicologici, riguarda il tentativo di comprendere l’uomo senza l’ausilio di un approccio teorico di riferimento che lo inquadri all’interno di una definizione specifica o categoria diagnostica. Comprendere l’altro attraverso lo strumento della soggettività implica la perdita delle certezze date da un teoria di riferimento ma valorizza l’aspetto dell’individualità e della specificità con cui si manifesta la patologia in un paziente.
Il fenomenologo è quindi colui che, sospeso il giudizio oggettivo e scientifico, indagherà il paziente esclusivamente attraverso la sua coscienza cioè come viene da lui “percepito”. In effetti non esiste una realtà in sé ma solo una realtà in me, tutto è mediato e filtrato dal nostro stato di coscienza. L’esperienza ha significato solo sulla base del modo in cui la percepiamo ed ognuno la percepisce in modo “personale”.
Il fenomenologo rifiuta qualsiasi forma di riduzionismo psichico a parametro oggettivo. È possibile quindi comprendere un uomo “naturalmente”, nel suo darsi immediato ed in tutti i suoi vissuti soggettivi.
In campo psicoterapeutico la fenomenologia condivide con la psicoanalisi la scelta di rivolgersi al vissuto del soggetto e non al comportamento. Il fenomenologo utilizza un metodo rigoroso e ricorre all’ausilio di strumenti funzionali a rendere autentico l’incontro tra due soggetti, quali ascolto attivo, empatia, uso della narrazione, del silenzio, dell’intuizione, dell’interpretazione.
Il fenomenologo diversamente dagli altri professionisti della psiche non cerca di ridurre la sintomatologia del paziente o “migliorare” la sua condizione clinica poiché la gravità della patologia è conseguenza di una presa di posizione e di un pregiudizio nei confronti del paziente che, prima di essere tale, è un essere umano, una singolarità specifica e “straordinaria”. Ciò che conta per la fenomenologia è stimolare la consapevolezza nel paziente riguardo il senso che il sintomo può avere nella sua vita.
Nell’approccio fenomenologico diviene fondamentale e fondante la dimensione del conoscere come sottolinea la frase espressa dall’oracolo di Delfi “conosci te stesso“. Tuttavia tale atto di riflessione deve essere attuato in un contesto emotivamente contenitivo (assume quindi significato la relazione duale con lo psicoterapeuta) che consenta di sperimentare e osservare il proprio vissuto nel suo presente darsi.