Il diritto di ribellarsi
“Ma se rifiuta, non rinuncia”. Questa frase del saggio scritto da Camus mi ha da sempre colpito. Sovente nel quotidiano assistiamo a continui atti di compiacenza o servilismo imposti dalla necessità o conseguenza di personalità anassertive. Eppure pare legittimo ipotizzare che ognuno di noi almeno una volta nella propria vita si sia trovato in una condizione tale da dover scegliere di affermare o negare la propria idea. Ciò accadeva anche secoli addietro in un periodo in cui la Santa Inquisizione in una forma estrema, aggressiva e mortificante obbligava gli uomini accusati di eresia ad abiurare le loro idee. Anche allora vi erano coloro che accettavano tale atto di prevaricazione e altri che, come il filosofo Giordano Bruno, difendevano le proprie idee. A seguito di questo impetuoso atto rivoluzionario questi personaggi trascendevano l’individuale condizione umana. Come riferisce il testo di Albert Camus (“L’uomo in rivolta”) un uomo che sceglie di dire di no è un uomo che vuole “essere” e non “avere”; egli diviene pertanto un essere umano che vuole essere tutto (accettato internamente nella sua persona) o essere niente (quindi essere sopraffatto dalla forza che lo domina) accettando come conseguenza estrema la morte. La parte che un uomo in rivolta difende appartiene alla dimensione del collettivo, egli difende il genere umano; quella parte che trascende il singolo arrivando ad interessare l’ambito del “metafisico”.
Siamo in un periodo in cui la crisi politica ed economica che caratterizza i paesi del mondo (soprattutto in Europa) pare aver infettato anche il mondo dei valori e dell’etica umana. La visione frammentaria di cui parla Capra, nel suo testo “Il punto di svolta”, fa riferimento a quel punto di vista limitante, angusto della realtà tipico di coloro i quali mirano solo ed esclusivamente al proprio interesse, incuranti delle esigenze e dei diritti dell’altro. La conseguenza di questa visione limitante riguarderà dal punto di vista pratico la graduale creazione di un distorto modo di intendere i rapporti interpersonali, il lavoro, la vita.
Siamo soggetti a continue sfide ogni giorno le quali da “personali” pare divengano “collettive”. Nonostante vi possa essere l’eventualità che la corrente culturale aderisca a queste insane idee e a tali modelli di comportamento stereotipati, sulla scena potranno apparire “minoranze creative”, le quali continueranno il processo di sfida e risposta.
Sono dell’idea che attraverso il nostro agito esperienziale possiamo contribuire allo sviluppo di questo processo trasformativo. Questa è la visione di Fritjof Capra, una visione di insieme, totalizzante in cui il mondo appare un campo unificato dove esperienze e azioni del singolo sono collegate ad esperienze e azioni di altri.
Riferimenti bibliografici:
- A. Camus – L’uomo in rivolta, 1951
- F. Capra – Il punto di svolta, 1982